(da Newsrimini.it) In attesa che lunedì arrivino i dati sul Pm10 nel fine settimana, Rimini pur reduce da 4 sforamenti consecutivi si gode il primato di città col minor smog in regione.
Secondo i dati diffusi da Legambiente infatti, pur considerando la centralina col dato peggiore, Rimini è la città capoluogo col minor numero di sforamenti nel 2009, 36, uno appena sopra il limite di legge.
Maglia nera a Ravenna con 126 giorni di sforamento.
Dati che sembrano dare ragione a quanto dichiarato ieri a Tempo Reale dall’assessore all’ambente Andrea Zanzini (vedi notizia) chiamato in causa dopo il primo giovedì di blocco del traffico.
La nota stampa di Legambiente
Emergenza nazionale, servono urgenti provvedimenti strutturali . In Emilia Romagna nel 2009 nessuno dei capoluoghi di provincia ha rispettato la fatidica soglia dei 35 giorni di superamento, il limite di legge per le polveri sottili.
Inquinamento alle stelle in tutta Italia. Napoli, Torino e Ancona guidano la classifica dei superamenti dei limiti di legge per le concentrazioni di Pm10, rispettivamente con 156, 151 e 129 giorni. Situazione grave anche a Milano (108), Roma (67) e Venezia (60). Lombardia e Emilia Romagna le regioni in cui si registrano valori critici per tutte le città monitorate, seguite da Piemonte (7 su 8) e Veneto (6 su 7). Nulla di buono nemmeno sul fronte ozono che nei mesi estivi ha fatto registrare livelli record. Dal 1 gennaio 2010 è entrato in vigore il limite per la protezione della salute umana di 120 microgrammi/metro cubo da non superare per più di 25 giorni in un anno, ma oltre la metà delle città monitorate nel 2009 non rispettavano questo limite (32 su 50). La Pianura Padana si conferma come area critica anche in questo caso con 8 città tra le prime dieci per superamenti del valore di legge. Al primo posto troviamo Novara con 83 superamenti, seguita da Alessandria (73), Lecco (70) e Mantova (68). Anche le grandi città non sono riuscite a rientrare nei limiti, come dimostrano i dati relativi a Milano (51), Genova (46), Bologna (42), Torino (40) e Roma (34). A livello regionale la maglia nera va di nuovo alla Lombardia, dove su 10 città che monitorano l’ozono, nove hanno superato di molto il limite di legge.
Questi in sintesi i dati di Mal’Aria di città, il dossier di Legambiente in collaborazione con il sito www.lamiaaria.it, che apre la campagna annuale sull’inquinamento atmosferico che per oltre due mesi attiverà manifestazioni e iniziative in tutta Italia, per sensibilizzare e informare i cittadini sul problema, con denunce mirate e proposte concrete per i diversi territori.
In particolare in Emilia-Romagna nessuna delle città capoluogo ha rispettato i limiti che consentono di superare il limite di 50 µg/m3 per un massimo di 35 giornate all’anno.
Prendendo poi in considerazione per ogni città la centralina con il dato peggiore, Ravenna si posiziona al primo posto in regione (e al quarto a livello nazionale) con ben 126 giorni in un anno di superamento del limite nella stazione di rilevamento presso la banchina SAPIR, una centralina non rappresentativa dell’intero territorio provinciale, ma situata in una zona del porto non lontano dalla città. Seguono, in questa poco invidiabile classifica, Piacenza con 83 superamenti, Reggio Emilia con 80, Modena con 78, Ferrara con 66, Parma con 62 e Bologna con 50. Appena sopra al “limite” di 35 sforamenti si posizionano Forlì (37) e Rimini (36).
“I dati Arpa sulla qualità dell’aria in Emilia-Romagna, diffusi nei giorni scorsi, testimoniano un miglioramento negli ultimi anni, con la diminuzione del numero di giornate di superamento dei limiti e questo è sicuramente un buon segnale. Purtroppo il traguardo di un livello accettabile di qualità dell’aria è ancora lontano. – ha dichiarato il presidente di Legambiente Emilia-Romagna Lorenzo Frattini – Le condizioni climatiche del bacino padano sicuramente non aiutano, ma questa non può essere una giustificazione, al contrario deve essere un motivo in più per intensificare gli sforzi per garantire ai cittadini una buona qualità dell’aria che respirano. Ma se la salute è la nostra priorità, non dobbiamo dimenticare che il non rispetto delle norme sui livelli di inquinamento entro il 2011 esporrà il nostro Paese all’ennesima sanzione annunciata da parte dell’Unione europea, che ovviamente graverà sulle tasche dei contribuenti”.
Sono molte le fonti di emissione che quotidianamente riversano nell’aria grandi quantità di sostanze inquinanti. Se negli ultimi anni le concentrazioni di inquinanti come anidride solforosa (SO2), monossido di carbonio (CO) e benzene, sono state ridotte con interventi mirati, molto ancora si deve fare per le polveri sottili, l’ozono e biossido di azoto.
Le principali fonti di inquinamento atmosferico a livello nazionale sono rappresentate dal settore industriale (responsabili del 26% delle emissioni di Pm10, del 23% di biossido di azoto (NO2), 79% di ossidi di zolfo (SOx) e 34% di idrocarburi policiclici aromatici) e dai trasporti, con il contributo maggiore attribuibile a quello su strada con il 22% alle emissioni totali di Pm10, il 50% di NO2, il 45% di CO e il 55% del benzene. Diversa è la situazione se analizziamo le fonti di emissione all’interno delle aree urbane dove a farla da padrone è il traffico veicolare, ad eccezione di alcune città che convivono con grandi complessi industriali. A Roma e Milano il traffico veicolare emette circa il 60% delle polveri sottili e degli ossidi di azoto; a Napoli contribuisce per il 50% del PM10 e a Torino per oltre il 50% circa di Nox.
Un’emergenza, quella dell’inquinamento nelle nostre città che è sanitaria prima ancora che ambientale, come dimostrano i numerosi e autorevoli studi pubblicati sull’argomento anche di recente. Nel 2006 l’OMS ha dimostrato, con uno studio sulle principali città italiane, che riportando i valori medi annui di polveri sottili al di sotto della soglia stabilita dalla legge (40 microgrammi/metro cubo) si potrebbero evitare oltre 2000 morti all’anno.
Ma in tutta Italia il traffico è sempre più congestionato da un parco macchine che non ha pari in Europa; il trasporto pubblico è scarsamente attrattivo e gli spazi dedicati ai pedoni o ad altre tipologie di trasporto sono sempre di meno.
Anche i Governi nazionali che si sono succeduti dal 2001 ad oggi hanno finanziato per il 67% delle risorse della Legge obiettivo le infrastrutture stradali, non prevedendo nessun serio intervento economico a sostegno della mobilità sostenibile nelle città, dove vivono, lavorano e respirano la gran parte degli italiani. Ad oggi, l’unica politica messa in campo dal Governo è la rottamazione delle vecchie auto, che scarica sui contribuenti-consumatori i costi di un assai parziale abbattimento delle emissioni inquinanti.
“Il primo intervento, veloce e economicamente non impegnativo –
ha spiegato Frattini – consisterebbe nell’assicurare al trasporto pubblico di superficie una maggiore fluidità estendendo il più possibile la rete di corsie preferenziali, con due risultati immediati quasi a costo zero: la sottrazione di spazio alle automobili e una reale concorrenzialità del bus rispetto alle vetture private. Anche l’adozione di un pedaggio urbano per le aree più congestionate potrebbe, se applicato su aree significative, ridimensionare gli ingorghi, regolare il traffico, migliorare l’efficienza del trasporto pubblico, riducendo le emissioni inquinanti. Si tratta di trovare un prezzo di mercato equo per un bene assai scarso, lo spazio urbano, che fino ad oggi è “offerto” gratuitamente agli automobilisti”.