tratto da ‘Il Punto’ – rivista aziendale di Petroltecnica Spa
Oltre a questa testimonianza, c’è l’esperienza di Andrea Zanzini, che in azienda si occupa di comunicazione…. che sta da alcuni anni lavorando alla realizzazione di un progetto ambizioso: una struttura a doppia funzione, abitativa e ricettiva, in una delle aree più suggestive e affascinanti dell’entroterra riminese.
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Da dove nasce la tua sensibilità ambientale?
Dal punto di vista emozionale sono convinto nasca dalla fortuna di aver visto tante volte l’alba nei boschi del Gargano, averci passato giornate intere insieme ai miei nonni ed ai nostri cani che erano parte della famiglia, in seguito mi sono occupato di educazione ambientale e con l’esperienza fatta nel Comune di Rimini come Assessore all’Ambiente ho avuto la possibilità di conoscere da vicino e promuovere tutte quelle tecnologie in grado di ridurre l’impatto delle attività umane sul pianeta tra le quali la bioarchitettura.
Dove si trova questa casa?
La casa si trova nell’alta Valmarecchia nel comune di Novafeltria, località Castello di Secchiano. È situata ai piedi di una rupe di piccola dimensione (ma con la stessa formazione geologica di San Marino, San Leo ecc.) che si erge bruscamente dalle colline circostanti. La fondazione risale, ipoteticamente, alla fine del 1600 e come avveniva allora è posizionata ai piedi della spalla sud della roccia, infatti gode di un microclima particolarmente caldo essendo completamente protetta dai venti del nord. Ha un paesaggio circostante particolarmente suggestivo, nelle immediate vicinanze c’è “un capriccio alla Salvator Rosa” che è il vecchio castello rinascimentale di Secchiano, all’orizzonte il profilo di San Leo e Maioletto e a ovest, imponenti, il monte Pincio e il monte Aquilone che compongono la silhouette bizzarra dell’Indiano che dorme. La storia di questo luogo si perde nella notte dei tempi, si sa della presenza di un villaggio romano, ma non si può escludere anche qualcosa di precedente. Ultimamente, a meno di un km, sono stati ritrovati i resti fossili di un dinosauro. Ma è la natura a far da padrona in questo luogo abbandonato da mezzo secolo, con alberi da frutto selvatici, boschi di roverelle, olmi e piante di ogni tipo di cui alcune particolarmente rare.
Come si chiama?
Si chiama SassoErminia, in onore del passo “Erminia e i pastori” della Gerusalemme Liberata. Di questo episodio del Tasso ne fu fatto una piccola pubblicazione “tascabile” nel 1700 dedicata proprio ai pastori (che spesso per la vita che conducevano avevano imparato a leggere) dell’Appennino centrale. Il passaggio a “fòla”, una di quelle storie che si raccontavano intorno al camino, era inevitabile. “Erminia e i pastori” è una storia che parla della vita schietta e sobria della campagna e che tratteggia il profilo antico di un uomo in armoniosa coesistenza con la natura: la figura del pastore seminomade che non ha confini e non conosce proprietà. A causa di queste “fòle” la mama della mia compagna, nativa di questi posti si chiamava Erminia.
Qual’è la filosofia che c’è dietro?
L’amore per il “bello” nel senso più completo del termine e l’idea che debba essere preservato. Il bello che sta nelle cose vere. Che preserva la vita tutta del mondo, la natura e la storia dell’uomo. Che non è Ecologia, questa parola nuova che abbiamo coniato da quando non siamo più un’unica cosa con la natura, natura che osserviamo da lontano senza “sporcarci” più le mani di terra. Vorremmo fosse un posto “bello”, che non significa per forza comodo.
Quali sono i principali interventi di bioedilizia che hai fatto?
Parlerei di interventi di bioarchitettura più che di bioedilizia. L’attenzione non è solo nei materiali che utilizzeremo, ma nel progetto più complesso dell’abitare in armonia con l’ambiente circostante. In prima istanza c’è il recupero (pietra dopo pietra, tavella dopo tavella…) della vecchia casa, recupero che ha un valore economico ma soprattutto emotivo. Vogliamo recuperare tutto, perfino i vecchi scuretti caduti per una forma di rispetto di ciò che è stato. Poi c’è l’integrazione di una settantina di metri su 2 piani di una più recente costruzione in laterizio forato, che verrà abbattuta per essere poi ricostruita in paglia e legno. Il risultato sarà una piccola casa “passiva” cioè una struttura che non dovrà avvalersi ne di riscaldamento ne di raffrescamento. Sul tetto di quest’ultima saranno posizionati i pannelli fotovoltaici e il solare termico, per non abbruttire il nobile tetto della casa di pietra. Non ci saranno bomboloni del gas, ma alimenteremo i fornelli solo con l’energia elettrica. Sono previsti nella casa di pietra stufe e camini in molte stanze che renderanno l’ambiente più caldo oltre ad aiutare l’impianto a pavimento alimentato dal solare termico. L’illuminazione sarà a led, l’arredamento per la maggior parte verrà creato su misura solo con legno di riciclo, non vi sarà un impianto fognario tradizionale ma un sistema di fito-depurazione. Non vi sarà nessun intervento con il cemento, perfino intorno alla casa non sono previsti marciapiedi ma solo piccoli sentieri con pietre (di recupero) appoggiate sull’erba. Per ultimo ma non ultimo è previsto un biolago; sappiamo che nel secolo scorso vi era un piccolo ristagno d’acqua dove vivevano una folta colonia di rane, vorremmo ricrearla e se è possibile riservare un piccolo specchio d’acqua anche per la balneazioni di noi “umani”.
Quali sono state le principali problematiche nella ristrutturazione?
Per ora la problematica principale è stato il terrorismo psicologico che molti nostri interlocutori (in buona fede) ci hanno fatto sul recupero di una vecchia casa. Terrorismo psicologico che abbiamo superato adottando uno sguardo d’amore e di pazienza verso un luogo che sentiamo “casa”. In realtà a noi sembra che “lei” risponda bene e siamo fiduciosi che tutto si risolverà.
Quando sarà pronta?
Quando lo vorrà lei, forse tra un anno, o due o tre, chissà!
Intervista raccolta da Roberta Sapio
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