Chiedo scusa se a qualcuno sembrerà piccola cosa ma da un pò di tempo, non possedendo un lavastoviglie, mi tormentava 🙂 una domanda: sarà più “sostenibile” lavare i piatti a mano o in lavastoviglie?. Credevo di essere uno dei pochi al mondo a fissarsi su questa curiosità poi in questi giorni casualmente scopro di essere in buona compagnia. Riporto quindi qui di seguito un interessante e curioso articolo di Leo Hickman, giornalista di Internazionale che, forse, risponde all’annoso quesito.
Internazionale 637, 13 aprile 2006
Ci battono a scacchi. In situazioni d’emergenza sanno prendere decisioni migliori delle nostre. E sanno perfino mungere una mucca più velocemente. Non credo che ci sia ancora una sfida tra macchina ed esseri umani che possiamo vincere noi. In ogni caso siamo in pochi a lamentarci del fatto che nella gara tra guanti e lavastoviglie usciamo miseramente sconfitti sul piano dell’efficienza nel consumo d’acqua e d’energia.
O almeno è quanto sostiene Rainer Stamminger, docente di tecnologia domestica e domotica dell’università di Bonn, in Germania. Nel 2004 Stamminger, insieme alla sua équipe di ricercatori, ha pubblicato uno degli studi più accurati sull’efficienza dei sistemi usati per lavare piatti e stoviglie. La domanda era: è meglio lavarli con la lavastoviglie o a mano? Risultato: se usata correttamente, la lavastoviglie è molto più efficiente. Ma aspettate a esultare.
La ricerca condotta da Stamminger in realtà dimostra solo che le lavastoviglie più efficienti consumano meno energia e meno acqua degli esseri umani, più spreconi. Perciò vale la pena di conoscere il metodo usato per testare l’efficienza dei due sistemi in modo da capire quanto, come e perché possono variare i risultati.
In base alle procedure fissate a livello europeo per valutare le prestazioni e i consumi delle lavastoviglie (tutti aspetti ponderati con grande cura e presi molto sul serio) si lava un servizio completo da dodici che comprende 140 pezzi tra cui piatti, porcellane, bicchieri e posate. Tutti i pezzi sono messi a contatto con sette diversi tipi di sporco difficile, cioè macchie di alimenti particolarmente resistenti al lavaggio come spinaci, carne, fiocchi d’avena, latte, tè, tuorlo d’uovo e margarina. Facile da pulire? Aspettate a dirlo.
I piatti così sporcati vengono messi in forno e lasciati “arrostire” per un paio d’ore a 80 gradi, in modo che le macchie e i resti del pasto s’incollino bene alle stoviglie. Ma Stemminger ha pensato che la procedura mettesse troppo in svantaggio l’umile lavapiatti umano, e quindi l’ha modificata: invece d’infilare le stoviglie sporche in forno, le ha lasciate asciugare per due ore all’aria aperta.
Poi ha fatto venire 113 lavapiatti di sette paesi europei, li ha messi di fronte a due lavelli con acqua calda e fredda, una serie di strumenti per pulire le stoviglie e ventidue diversi detersivi, e ha chiesto a tutti di lavare e asciugare i piatti come avrebbero fatto a casa loro. I ricercatori hanno registrato grandi differenze tra le tecniche usate: c’è chi mette le stoviglie in ammollo, chi lava ogni singolo pezzo sotto acqua calda corrente, chi risciacqua tutto in un catino di acqua fredda.
In media ognuno dei 113 lavapiatti ha usato 103 litri d’acqua (più o meno la quantità necessaria a riempire i due terzi di una vasca da bagno) e 2,5 chilowattora (kWh) di energia (per riscaldare l’acqua). Tutto questo in 80 minuti, il tempo necessario per completare il lavoro. In termini di efficienza i tedeschi sono arrivati primi, seguiti dagli inglesi, mentre spagnoli e portoghesi sono stati i più spreconi in assoluto. In confronto, le macchine hanno consumato 15 litri d’acqua e 1-2 chilowattora di energia nell’arco di 80-160 minuti (tanto ci hanno messo a finire l’opera).
Lo studio ha anche rilevato che perfino scegliendo la tecnica di lavaggio più corretta, possiamo a malapena competere con le macchine in fatto di efficienza: i migliori lavapiatti umani hanno consumato 30 litri d’acqua e 1 chilowattora di energia. Osservando le varie tecniche usate, Stamminger ha individuato la migliore: togliere i frammenti di cibo dalle stoviglie senza usare acqua; non sciacquare i piatti sotto l’acqua corrente prima di insaponarli; usare due lavelli, uno con acqua calda e detersivo, l’altro con acqua fredda per il risciacquo; non usare né troppo detersivo né troppo poco.
Stamminger, però, non ha considerato l’energia e i materiali necessari per produrre e trasportare una lavastoviglie. E nemmeno l’impatto ambientale causato dai detergenti. Per migliorare l’azione scrostante, molte pastiglie per lavastoviglie contengono fosfati che una volta riversati nell’ambiente favoriscono l’eutrofizzazione delle acque e la conseguente proliferazione delle alghe che consumano l’ossigeno disponibile per gli altri organismi acquatici.
Ma come succede per i lavapiatti umani, anche nel caso delle macchine è possibile aumentare l’efficienza con qualche piccolo accorgimento. Per risparmiare energia basta spegnere l’elettrodomestico prima che il ciclo di asciugatura sia terminato e lasciare asciugare i piatti all’aria. Per risparmiare acqua e fatica, basta non sciacquare i piatti sotto l’acqua corrente prima di caricarli nel cestello. È importante, inoltre, far funzionare la lavastoviglie solo a pieno carico e usare l’economizzatore quando è possibile. Facile a dirsi…
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Leo Hickman
Ha 31 anni ed è un giornalista del quotidiano britannico The Guardian. Nella sua rubrica Ethical living dà suggerimenti ai lettori sulle scelte migliori per rispettare il pianeta. Il suo ultimo libro è A life stripped bare, my year trying to live ethically (2005 Bantam Press).
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